IL PIGNOLETTO

Bologna non ha mai prodotto un suo vino , salvo appunto il Pignoletto. Negli ultimi decenni i Colli Bolognesi, affidandosi agli alloctoni, si sono affermati come un terroir emergente. Merito di alcuni pionieri che hanno fatto un grande Cabernet. Eppure oggi e' tempo di rivalutazione dei prodotti di tradizione. Mantenuti spesso solo per testardaggine. C'e' chi ha fatto un pignoletto spumanteclassico intuendo che la vena acida del vitigno dava speranze nella produzione di bollicine. Poi ci ha pensato il Consorzio di tutela dei vini dei Colli Bolognesi ad aver riacceso l'attenzione dei bevitori e dei critici su questo autoctono. L'idea di sposare il Pignoletto con i tortellini sembra azzardata ed invece e' azzeccatissimo in quanto il citrino del vino pulisce il grasso del ripieno, la vena amara di questo vino contrasta e armonizza il dolce complessivo dellìombelico di Venere e la sericita' di questo bianco s'amalgama all'avvolgenza lanosa del brodo. C'e' chi il Pignoletto lo vuole frizzante naturale, e certamente l'anidride carbonica aiuta a sgrassare il palato. Anche quello fermo comunque, fermentato in botte, pare con piu' carattere ed in grado di abbinarsi a cucine di tradizione, come ad esempio il quasi scomparso polpettone, la rarissima galantina di pollo, la mortadella.

Dunque un vitigno antico: Matilde di Canossa ne faceva uso e commercio, per un vino attualissimo, multiforme e mutevole che esprime con compiutezza la forza del paesaggio sublime da cui nasce.